Tac alle uova di dinosauro a Bologna: la ricerca dell’Università

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Analisi Tac all’Università di Bologna sulle uova di dinosauro del Museo Capellini, tra cui un raro esemplare di specie gigante.

Tre uova di dinosauro della Collezione di Geologia “Museo Giovanni Capellini” dell’Università di Bologna sono state analizzate con tomografia computerizzata per studiarne la struttura interna e ricostruire i dettagli del loro contenuto originario. L’indagine è stata effettuata grazie alla prima macchina Tac in Italia progettata esclusivamente per la ricerca scientifica.

Tecniche avanzate di imaging per la paleontologia

Il Centro di Anatomia dell’Alma Mater, insieme al Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali, ha prodotto immagini di altissima definizione dei tre reperti. Grazie a queste tecnologie è stato possibile generare modelli tridimensionali estremamente accurati, aprendo nuove prospettive nello studio paleontologico.

Un uovo appartiene a una specie gigante del Madagascar

Tra i reperti analizzati, uno è particolarmente eccezionale: si tratta di un uovo di Aepyornis maximus, un uccello gigante originario del Madagascar, sopravvissuto fino al XVII secolo. Questo straordinario esemplare fu donato nell’Ottocento al geologo Giovanni Capellini dal dottor E. Pèlagaud. L’uovo ha una circonferenza superiore agli 80 centimetri e una capacità interna di circa sette litri, equivalente a 115 uova di gallina. In origine conteneva un feto, successivamente rimosso tramite un piccolo foro nel guscio.

Le altre due uova e le incognite scientifichLe altre due uova, mai studiate in precedenza, presentano dimensioni inferiori e appartengono a una specie di dinosauro ancora sconosciuta. L’analisi non ha evidenziato la presenza di embrioni nei tre reperti, rendendo quindi impossibile, al momento, l’identificazione precisa della specie delle due uova minori.

L’applicazione delle tecnologie mediche alla ricerca

«È un esempio straordinario di come le tecniche di imaging avanzato, sviluppate per la medicina di precisione, possano essere applicate anche in altri campi», afferma in una nota dell’Alma Mater Stefano Ratti, coordinatore scientifico del Centro Anatomico. Lo studio del guscio e dei depositi minerali interni potrebbe in futuro fornire informazioni utili all’identificazione delle specie a cui appartengono i reperti.