Nuova tecnica per distinguere amnesie da Alzheimer: lo studio di Sant’Anna, Careggi e Università di Firenze

Foto di archivio di un paziente sottoposto a elettoencefalogramma

Sant’Anna, Università di Firenze e Careggi sperimentano un nuovo metodo per diagnosticare precocemente l’Alzheimer con EEG

Vuoti di memoria e amnesie temporanee possono avere diverse origini: stress, invecchiamento fisiologico oppure essere i primi segnali della malattia di Alzheimer. Un recente studio condotto dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con l’Azienda ospedaliero-universitaria Careggi e l’Università di Firenze, ha messo a punto un metodo innovativo per differenziare queste condizioni.

Elettroencefalogramma e modelli matematici per la diagnosi precoce

Il progetto, pubblicato sulla rivista Alzheimer’s Research & Therapy, ha avviato lo sviluppo di una nuova tecnica diagnostica basata sulla combinazione tra elettroencefalogramma (EEG) e modelli matematici del funzionamento cerebrale. Questa combinazione consente di identificare in modo più tempestivo eventuali alterazioni legate all’insorgere dell’Alzheimer, offrendo ai medici un supporto concreto nella pratica clinica.

Un metodo più semplice per ospedali e pazienti

«Siamo riusciti a farlo con un metodo completamente nuovo, potenzialmente molto più semplice da utilizzare per ospedali e pazienti rispetto ai metodi attualmente in uso», ha dichiarato Alberto Mazzoni, docente della Scuola Superiore Sant’Anna e coordinatore dello studio. L’obiettivo è quello di offrire strumenti diagnostici più accessibili e meno invasivi, favorendo l’individuazione della patologia quando i segni clinici sono ancora lievi.

Il valore della diagnosi precoce: parola agli esperti

Secondo Valentina Bessi, responsabile del Centro disturbi cognitivi e demenze di Careggi, «la tecnologia è promettente e può essere un ulteriore strumento per aiutare nella diagnosi il medico, conoscitore della complessità fisica, psichica e sociale del paziente. È fondamentale identificare l’Alzheimer quando i segni clinici sono ancora lievi, ma sono già presenti alterazioni biologiche, rendendo la diagnosi precoce e consentendo l’accesso a trattamenti innovativi che potrebbero rallentare la progressione della malattia e migliorare la qualità della vita».

Un approccio predittivo: i risultati della ricerca

Lo studio ha coinvolto 124 persone, tra cui 86 con disturbi cognitivi soggettivi lievi. L’approccio sperimentato ha permesso di predire nell’88% dei casi l’esito dell’esame del liquido cerebrospinale utilizzando solo l’elettroencefalogramma. In più, il metodo è riuscito a predire 7 casi su 7 di conversione verso un declino cognitivo oggettivo.

Simulazioni cerebrali per identificare i soggetti a rischio

Il cuore dell’innovazione risiede in un modello matematico capace di descrivere i cambiamenti nell’attività cerebrale al progredire della malattia. «Abbiamo utilizzato un modello matematico che descrive il cambiamento dell’attività del cervello al progredire dell’Alzheimer per investigare i segnali che annunciano l’inizio della malattia», spiega Lorenzo Gaetano Amato, dottorando in biorobotica presso la Scuola Sant’Anna e autore principale della ricerca.

Il passo successivo è stato analizzare i tracciati EEG di oltre cento anziani con disturbi di memoria. «Combinando queste analisi – continua Amato – per ognuno di loro è stata sviluppata una versione personalizzata del modello del cervello che ci ha consentito di capire quali di loro fossero a rischio di sviluppare l’Alzheimer».