L’assistenza domiciliare migliora la salute mentale e riduce i costi sanitari

Lo studio dell’Università di Trieste dimostra che l’assistenza domiciliare migliora salute mentale e sostenibilità del sistema sanitario.
Offrire servizi pubblici di assistenza domiciliare agli anziani con limitata autosufficienza non rappresenta soltanto una misura di sostegno sociale, ma anche una strategia efficace per migliorare la salute mentale, contenere le spese sanitarie e ridurre il carico emotivo e materiale sulle famiglie. A dimostrarlo è un importante studio internazionale pubblicato sulla rivista Health Economics e condotto da Ludovico Carrino, docente di Economia politica all’Università degli Studi di Trieste, insieme a Erica Reinhard del King’s College di Londra e Mauricio Avendano dell’Università di Losanna. La ricerca, pionieristica nell’uso di un approccio empirico per valutare gli effetti socioeconomici del Long-Term Care pubblico, si è basata sull’analisi di dati raccolti in Belgio, Francia, Germania e Spagna.
I dati parlano chiaro: meno depressione, più benessere per gli anziani
I risultati dello studio dimostrano che l’accesso ai servizi domiciliari consente di ridurre del 13% il rischio di depressione clinica negli anziani, rispetto a una media del 28% nella popolazione presa in esame. Si registra anche un calo significativo nel rischio di solitudine, che scende del 6,7%, e un netto miglioramento nella percezione della qualità della vita, superiore del 14% rispetto alla media. Numeri che confermano il ruolo centrale dell’assistenza a casa nel garantire benessere emotivo, relazionale e fisico nella terza età.
Carrino: “Curare a casa migliora la vita e fa risparmiare il sistema sanitario”
“Oltre ai benefici per la salute degli individui, lo studio evidenzia il potenziale impatto economico di queste misure” afferma Ludovico Carrino. La depressione negli anziani, infatti, comporta un aggravio importante per la spesa sanitaria pubblica: nel Regno Unito, i costi extra per ogni persona tra i 65 e i 74 anni ammontano a 3.225 dollari annui, mentre in Germania si arriva a 2.840 dollari per ogni over 75. Investire nell’assistenza domiciliare permette di ridurre la dipendenza da farmaci, cure specialistiche e ricoveri, contribuendo così alla sostenibilità dei sistemi sanitari nazionali.
Liberare i caregiver familiari: una scelta di benessere e produttività
La ricerca evidenzia anche l’impatto che l’assistenza informale ha sui caregiver, spesso figli o parenti che rinunciano a opportunità lavorative e vita personale per accudire i propri cari. Potenziare i servizi domiciliari significa non solo migliorare la qualità della vita degli anziani, ma anche restituire tempo e possibilità a chi se ne prende cura. Un passo in avanti che potrebbe rimettere in circolo risorse umane preziose per il mercato del lavoro, generando benefici per il sistema economico e per il reddito disponibile delle famiglie.
Un’opportunità per l’Italia: riformare il welfare con investimenti mirati In un Paese come l’Italia, dove il Long-Term Care pubblico è ancora poco sviluppato rispetto ad altri Stati europei, i risultati dello studio pubblicato da Health Economics rappresentano una base concreta da cui ripartire. Gli effetti positivi dell’assistenza domiciliare non sono solo evidenti, ma misurabili, e aprono prospettive per un ripensamento delle politiche sociali e sanitarie. “Gli interventi legislativi degli ultimi anni hanno aperto una riflessione sulla necessità di rafforzare i finanziamenti e ampliare l’accesso ai servizi domiciliari, sollevando l’attenzione su un tema di grande interesse in un Paese in cui l’invecchiamento della popolazione inevitabilmente determinerà l’aumento degli individui bisognosi di cure” conclude Carrino.