Le Università italiane nel mondo: il piano di Anna Maria Bernini

la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini

Anna Maria Bernini al Festival del Lavoro: ecco le strategie per rendere le università italiane più internazionali e flessibili

Durante una videointervista trasmessa al Festival del Lavoro di Genova, la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha illustrato una visione chiara e strategica per aumentare l’attrattività internazionale degli atenei italiani.

Tre i concetti fondamentali su cui si fonda la sua proposta: internazionalizzazione, flessibilità e interdisciplinarietà.

Internazionalizzazione: creare connessioni globali tra università

Io userei tre parole chiave: internazionalizzazione – ha dichiarato Bernini – e quindi la nostra idea è quella di creare connessioni internazionali con scambio di studenti, ricercatori, docenti, personale tecnico”.

L’obiettivo è costruire un ecosistema universitario globale, in cui l’Italia possa affermarsi come protagonista nella circolazione del sapere e nella formazione accademica ad ampio raggio.

Ibridazione dei saperi e nuove tecnologie: la seconda chiave

Per la ministra, l’Italia ha una solida base culturale da cui partire per costruire un’educazione universitaria che integri le nuove tecnologie con le discipline umanistiche.

L’ibridazione dei saperi fa la differenza e noi abbiamo tanto da dire perché abbiamo una grande cultura, un grande presupposto e substrato culturale che fa della nostra capacità di formare qualcosa di unico nel mondo”.

Bernini sottolinea l’importanza di condividere questa ricchezza con il resto del mondo, specializzandola e perfezionandola in settori innovativi come l’intelligenza artificiale.

Flessibilità: superare vecchi schemi per affrontare un mondo in evoluzione

La seconda parola chiave è flessibilità, perché in un mondo che cambia ogni secondo non bisogna innamorarsi delle vecchie modalità, dei vecchi schemi, delle vecchie gabbie: i tempi sono cambiati e stanno ancora cambiando”.

Secondo Bernini, l’università deve saper rispondere in modo dinamico ai mutamenti della società, evitando di restare ancorata a modelli superati.

Interdisciplinarietà: unire le scienze dure e umanistiche per governare l’innovazione

La terza parola chiave, interdisciplinarietà, è il perno del pensiero della ministra: “Riuscire a mescolare per esempio le scienze dure con le scienze umanistiche”.

Un approccio che diventa cruciale nell’ambito dell’intelligenza artificiale:
“Ora per fare intelligenza artificiale, noi lo facciamo investendoci 11 miliardi di euro e abbiamo fatto un bando da 50 milioni per richiamare i nostri migliori ricercatori italiani e stranieri dall’estero”.

Tecnologie e pensiero critico: l’etica al centro dell’intelligenza artificiale

La ministra sottolinea la necessità di ibridare la tecnologia con la riflessione etica:
Il modo migliore per farlo è ibridare le nuove tecnologie con la filosofia, l’etica, la bioetica, proprio per evitare che l’ottusità, la stolidità delle nuove tecnologie abbiano la meglio sulla creatività della mente umana”. E conclude:
L’intelligenza può essere generativa ma non sarà mai creativa, quindi è proprio dall’interdisciplinarietà, dalla transdisciplinarietà che nasce la nostra capacità di utilizzare e di governare nuove tecnologie che devono essere al servizio della persona e non vincere sulla persona”.