Università D’Annunzio: psilocibina per curare la depressione resistente

All’Università D’Annunzio parte il primo studio italiano sulla psilocibina per combattere la depressione resistente
Parte dall’ospedale di Chieti una sperimentazione pionieristica che utilizza la psilocibina, sostanza psichedelica naturale, per il trattamento della depressione resistente ai farmaci tradizionali. Si tratta della prima volta in Italia in cui viene impiegata una terapia psichedelica nell’ambito di uno studio clinico autorizzato dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa).
Il ruolo dell’Università D’Annunzio e le collaborazioni scientifiche
Il progetto sarà condotto presso la clinica psichiatrica dell’ospedale teatino, sotto la direzione del professor Giovanni Martinotti, grazie al supporto del Dipartimento di neuroscienze, imaging e scienze cliniche dell’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio”. Collaborano alla ricerca anche la Asl Roma 5 e l’Azienda ospedaliero-universitaria Ospedali Riuniti di Foggia, rafforzando l’approccio interdisciplinare e interregionale dell’iniziativa.
Come agisce la psilocibina sul cervello
La psilocibina è un principio attivo presente in specifiche varietà di funghi. Dopo l’assunzione, il composto viene convertito in psilocina, una sostanza in grado di stimolare i recettori della serotonina, influenzando in modo significativo le reti cerebrali legate al tono dell’umore, alla percezione e ai processi cognitivi.
Evidenze internazionali sugli effetti antidepressivi
Numerosi studi condotti negli ultimi anni in paesi come Stati Uniti, Regno Unito, Svizzera e Australia hanno dimostrato che una o due somministrazioni di psilocibina possono produrre effetti antidepressivi rapidi e duraturi. In molti casi, i benefici clinici si sono mantenuti fino a sei mesi nei pazienti affetti da depressione resistente alle terapie convenzionali.
Dettagli dello studio coordinato dall’Istituto superiore di sanità
Il nuovo studio italiano è finanziato attraverso i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e sarà coordinato dall’Istituto superiore di sanità. La supervisione scientifica è affidata a Francesca Zoratto. L’indagine clinica avrà una durata complessiva di 24 mesi e coinvolgerà 68 pazienti affetti da depressione resistente, i quali riceveranno un trattamento a base di psilocibina.
Analisi avanzate per scoprire nuovi biomarcatori cerebrali
Gli effetti della sostanza saranno analizzati utilizzando tecniche di neuroimaging e neurofisiologia all’avanguardia, strumenti in grado di restituire immagini dettagliate del cervello. L’obiettivo è quello di identificare specifici biomarcatori cerebrali e sviluppare nuove strategie nell’ambito della psichiatria di precisione.
Martinotti: «Un cambio di paradigma per la salute mentale»
«Siamo di fronte a un cambio di paradigma sia scientifico che culturale, che ci permette di saperne di più sul potenziale antidepressivo della psilocibina e sulle sue modalità di azione», ha spiegato Giovanni Martinotti, professore ordinario di psichiatria presso l’Università di Chieti. «È una grande occasione per la ricerca italiana e per migliorare le cure per la salute mentale. Queste conoscenze potranno rendere l’impiego delle nuove molecole ancora più sicuro, accettabile e accessibile per l’applicazione in ambito clinico».