L’obesità riduce l’efficacia delle cure nel tumore al seno: lo studio dell’Università di Genova

L’obesità riduce l’efficacia delle cure nel tumore al seno: lo studio dell’Università di Genova

Uno studio dell’Università di Genova mostra come il peso corporeo influenzi la prognosi nel tumore al seno e la risposta alla chemioterapia.

L’eccesso di peso come fattore che influenza la prognosi del tumore al seno

L’obesità e il sovrappeso possono compromettere le possibilità di guarigione nelle donne affette da tumore al seno. Tuttavia, nel lungo periodo, una chemioterapia “intensiva”, somministrata a intervalli più ravvicinati rispetto a quella tradizionale, si dimostra efficace nel prevenire le recidive, indipendentemente dal peso corporeo.
Questi risultati emergono da due ricerche internazionali: il trial Aphinity, pubblicato sull’European Journal of Cancer, e il trial GIM2, apparso su ESMO Open. Il tema dell’obesità e del suo impatto sulle terapie oncologiche sarà inoltre discusso in una sessione dedicata del congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), in programma dal 17 al 20 ottobre a Berlino.

«I due studi ci offrono indicazioni fondamentali su come eccesso di peso e chemioterapia interagiscano nel trattamento del tumore al seno, con importanti conseguenze sulle strategie terapeutiche», afferma Lucia Del Mastro, professore ordinario e direttrice della Clinica di Oncologia Medica dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, Università di Genova.

I risultati dello studio Aphinity: peggiora la prognosi per le pazienti sovrappeso

Lo studio APHINITY ha analizzato pazienti affette da tumore al seno HER2-positivo in fase iniziale, una forma particolarmente aggressiva. Su quasi 5.000 donne coinvolte, il 47% risultava in sovrappeso o obeso, con un indice di massa corporea (BMI) superiore a 25.

«Abbiamo scoperto un’associazione preoccupante: il sovrappeso e l’obesità peggiorano la prognosi del tumore HER2-positivo – spiega Del Mastro –. Le pazienti con un BMI superiore a 25 mostrano un rischio di recidiva o morte aumentato del 27% rispetto a quelle normopeso o sottopeso».
Inoltre, le donne con BMI elevato presentano un rischio del 38% più alto di morire per qualsiasi causa rispetto alle pazienti normopeso o sottopeso.

Un altro elemento rilevante riguarda la tolleranza ai trattamenti: il 14% delle donne obese o sovrappeso ha interrotto la chemioterapia post-intervento, contro il 9% delle pazienti con peso nella norma. «Questo suggerisce che l’eccesso di peso può rendere la terapia più difficile da tollerare», sottolinea la docente dell’Università di Genova.

Lo studio GIM2: la chemioterapia “dose-dense” resta efficace anche con obesità

Risultati più incoraggianti emergono invece dal trial GIM2, che ha analizzato donne con tumore al seno ad alto rischio di recidiva e con linfonodi positivi. Questo studio ha confrontato la chemioterapia tradizionale a “intervallo standard” con quella “dose-dense”, cioè somministrata in tempi più brevi.

«Abbiamo osservato che l’eccesso di peso non peggiora la prognosi a lungo termine (15 anni) – spiega Del Mastro –. Il regime dose-dense risulta il più efficace, indipendentemente dal peso corporeo».
I dati confermano: nelle pazienti normopeso la chemioterapia dose-dense riduce il rischio di recidiva del 13% rispetto al regime standard; nelle pazienti sovrappeso del 28% e nelle obese del 30%.

Un aspetto decisivo è che alle pazienti obese non è stata ridotta la dose di chemioterapia, una pratica talvolta adottata per limitare la tossicità. Tuttavia, queste pazienti hanno registrato una maggiore incidenza di effetti collaterali severi, come neuropatia (5,4%) e dolore osseo (4,7%), rispetto alle normopeso (2,2% e 2%).

«La paura di somministrare dosi complete di chemioterapia nelle pazienti più pesanti è infondata – conclude Del Mastro –. Il regime dose-dense deve rappresentare la prima scelta terapeutica per tutte le donne ad alto rischio di recidiva, indipendentemente dal BMI».