Università di Cagliari in prima linea contro il Parkinson

il team di ricercatori dell'Università di Cagliari

Ricercatori dell’Università di Cagliari studiano le cromogranine per fermare l’evoluzione del Parkinson

L’Università di Cagliari è al centro di un’iniziativa internazionale innovativa finalizzata a rallentare la progressione della malattia di Parkinson. Il progetto, coordinato dal dipartimento di Scienze biomediche della facoltà di Medicina, è guidato dalla docente di Anatomia umana Cristina Cocco, con il supporto di un team composto da Antonio Manai, Barbara Noli, Aqsa Anjum e Maria Antonietta Casu.

Collaborazione internazionale con Masaryk e Vasyl Stefanyk University

Il programma vede la partecipazione di partner accademici di rilievo come l’Università Masaryk della Repubblica Ceca e la Vasyl Stefanyk Precarpathian National University dell’Ucraina. Un’alleanza scientifica che punta ad affrontare una delle patologie neurodegenerative più gravi e diffuse nel mondo, ancora oggi priva di una cura definitiva.

Cromogranine: una nuova frontiera nella ricerca neurologica

Fulcro dello studio è l’analisi di una particolare famiglia di neuroproteine, le cromogranine, conosciute per la loro funzione nella regolazione cellulare delle risposte allo stress. “Nei laboratori di Cagliari – spiega Cristina Cocco – le cromogranine verranno testate in vitro su cellule staminali umane e murine. Si cercherà di capire se queste proteine possano proteggere le cellule nervose dai danni provocati dal rotenone, una tossina che simula i meccanismi della malattia di Parkinson nei modelli sperimentali”.

Studi in vivo e indagini molecolari per validare l’efficacia

All’Università Masaryk, in collaborazione con i laboratori cagliaritani e il Cnr, verranno eseguiti test in vivo su un modello murino in fase iniziale della patologia. I ricercatori analizzeranno gli effetti neuroprotettivi delle cromogranine dopo la somministrazione di rotenone per via intranasale.

Parallelamente, i ricercatori dell’Università Vasyl Stefanyk si focalizzeranno sull’alfa-sinucleina, una proteina tossica responsabile della degenerazione neuronale. L’obiettivo sarà verificare se le cromogranine possano inibire l’aggregazione di questa molecola.

Un progetto di 18 mesi per aprire nuove strade terapeutiche

Il progetto, finanziato nell’ambito del bando Educ-Wide Seed Project, avrà una durata complessiva di 18 mesi. “Se le cromogranine si dimostreranno efficaci nel contrastare la degenerazione nelle fasi iniziali del morbo di Parkinson – spiegano dall’Università –, potrebbero aprire la strada per ricerche alla scoperta di nuove strategie terapeutiche”.